I Miti dell'Orsa Maggiore

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odalisca
view post Posted on 14/5/2006, 00:59




Probabilmente, i Fenici furono i primi a far uso delle due costellazioni (Orsa Maggiore e Orsa Minore) nella navigazione, dato lo splendore delle stelle della Maggiore, così importanti per la localizzazione di altre meno cospicue, quali quelle dell’Orsa Minore, e della Polare in particolare.


Le sette stelle dell' Orsa Maggiore sono state associate col carro di vari eroi leggendari e divinità. Per i Gallesi si tratta del carro di Re Artù, mentre le popolazioni germaniche lo attribuiscono al dio Thor. Per gli americani odierni si tratta di un grosso mestolo e per gli Inglesi di un aratro.


Mitologia Greca

Racconta il mito che ogni anno Crono (Saturno) inghiottiva i figli appena partoriti dalla moglie Rea. Sul punto di dare alla luce Zeus (Giove) Rea però si nascose e al padre snaturato, invece del figlio, porse una pietra avvolta nelle fasce. Così Zeus si salvò, fu nascosto in una grotta dell'isola di Creta e allevato dalle ninfe Elice e Cinosura. Il più potente degli dei greci, in segno di riconoscenza, pose le sue nutrici in cielo tra le stelle: Elice come Orsa Maggiore e Cinosura come Orsa Minore.


La bellissima Callisto era una ninfa della corte di Diana. Giove l’aveva vista e se ne era innamorato; prendendo le sembianze di Diana l’aveva avvicinata e poi sedotta. Diana quando si accorse che Callisto aspettava un figlio da Giove la scacciò via e lei, errando per boschi, partorì suo figlio Arturo(fig.2c). Giunone infuriata la condannò a essere trasformata in un’orsa. La povera Callisto divenuta orsa non fu più riconosciuta da suo figlio che scappò via e venne allevato da una famiglia di cacciatori. Crescendo divenne un bellissimo giovane, molto abile nel cacciare . Un giorno si preparava a colpire col suo arco una grossa preda quando incontrò lo sguardo della bestia, uno sguardo noto e amato: lo sguardo dell’orsa Callisto. Giove dall’Olimpo vide quegli sguardi che si cercavano, fermò la mano del giovane prima che potesse commettere un matricidio e li portò in cielo.
Da allora l’Orsa (maggiore) e Arturo (della costellazione del Bifolco-Bootes) si guardano sempre e ruotano insieme intorno alla Stella Polare. Giunone, ancora più infuriata di vedere Callisto collocata in cielo come costellazione, mise in moto i suoi poteri e la condannò a non potersi mai bagnare nelle acque del mare dell’emisfero boreale. Infatti l’Orsa Maggiore non scende mai sotto l’orizzonte nel nostro emisfero.

I greci la identificarono in Callisto, tramutata in orsa da Era perchè gelosa di Zeus che si era innamorato di lei. Il dio la riparò in cielo per salvarla dal figlio Arcade che, durante una battuta di caccia, erroneamente la stava uccidendo sconoscendone la vera identità.
Il nome probabilmente deriva dal greco arctos che significa orso, con il quale i greci indicavano le regioni settentrionali, e da cui deriva il nostro artico. Per gli egizi invece era il dio Seth.




Mitologia dei Popoli Navahos (Indiani d’america Athabasca)

Il Freddo uomo del Nord o primo uomo (Carro Maggiore) e la Prima donna (Cassiopea) si trovano l’uno di fronte all’altro con al centro il Fuoco del focolare ( la Stella Polare). Essi mai si allontanano da questa parte del cielo e nessuna costellazione si avvicina per interferire nella loro vita quotidiana. Questa sistemazione delle costellazioni stabilisce una legge che dura fino ai giorni nostri: ”Solo una coppia può vivere nella stessa tenda”.


Mitologia popoli Irochesi (indiani del nord america)

Segui il movimento delle sette stelle del Carro Maggiore: le quattro del Carro rappresentano un grande orso , le altre tre (il timone) sono tre coraggiosi cacciatori che lo seguono sulle montagne.
Il più vicino all’orso è l’arciere, il secondo trasporta sulle spalle una pentola (la stella Mizar con la compagna Alcor), il terzo sta più indietro per raccogliere la legna per il fuoco.
In primavera, nella prima sera si vedono verso Est i tre cacciatori inseguire l’orso su per la montagna. Nei caldi giorni d’estate la caccia prosegue in cima alla montagna dove fa più fresco e le sette stelle sono alte nel cielo. Alla fine dell’estate i tre cacciatori si appostano alla base della montagna, l’arciere prende la mira e ferisce l’orso; il suo sangue cola e finisce sulle foglie degli alberi tingendole di rosso: arriva l’autunno. Tutti si rifugiano nelle caverne per passarvi il freddo inverno e le sette stelle sono basse sull’orizzonte. Finisce l’inverno e arriva la primavera, la ferita dell’orso si è rimarginata e i tre cacciatori hanno superato lo scorno di aver soltanto ferito l’orso. Ripartono per la caccia e riprendono a inseguire l’orso.


Altre tribù vedono nelle prime quattro stelle della costellazione la testa dell'orso, inseguita dal resto del corpo nel disperato tentativo di raggiungerla. Quando ciò accadrà arriverà la fine del mondo.

Gli indiani Shoshoni, una popolazione del Wyoming, tramandavano invece una leggenda con protagonista un grizzly. Il grande orso un giorno salì un'alta montagna per andare a caccia nel cielo. Mentre ascendeva la vetta, la neve si attaccò al pelo delle zampe e quando cominciò ad attraversare la volta celeste, i cristalli si staccarono poco alla volta dando origine alla Via Lattea.



Secondo una leggenda delle popolazioni indiane del Nordamerica, le stelle del Carro rappresenterebbero due orsi, quattro lupi, e un cane da caccia che li accompagnava nelle loro battute. I lupi e il cane si erano avventurati in cielo per cacciare i due orsi che vedevano sulla volta celeste. Alcor, la piccola stella in prossimità di Mizar, sarebbe il cane da caccia.

Secondo un'altra leggenda, invece, la grande orsa occupa una posizione in cielo che rispecchia il suo ciclo vitale: levandosi a primavera alla fine del letargo, compie un giro completo nel cielo per tornare a coricarsi coi primi freddi.



Per gli Aztechi, alla costellazione dell’Orsa Maggiore corrisponde il dio Tezcaltlipioca, divinità che simboleggia il cielo notturno, protettore dei guerrieri ma anche degli schiavi, al quale un mostro celeste ha divorato un piede. Infatti, mentre alle nostre latitudini l’Orsa Maggiore non tramonta mai, vista dagli altipiani del Messico la costellazione, ruotando intorno alla stella polare, perde l’ultima stella che scompare dietro l’orizzonte.


Per i Cinesi le sette stelle più luminose rappresentavano i sette Reggitori astronomici - che presiedevano agli influssi astronomici - i sette Ingressi del cielo notturno e le sette Porte del cuore.

Leggende orientali.
Sull'isola di Hokkaido, la più settentrionale dell'arcipelago nipponico, vivono gli Ainu. Fra questa etnia era diffuso il culto dell'orso, considerato il dio dei monti Kim-Un-Kamui. Un antico rituale prevedeva il sacrificio dell'animale affinchè il suo spirito fosse liberato dal corpo per salire in cielo, in qualità di messaggero celeste e ambasciatore degli Ainu.



Nella tradizione Romana, infine, le sette stelle principali erano i "Septem Triones", perché ruotando attorno alla stella polare ricordavano il movimento dei buoi (triones) durante l’aratura. Da qui deriva anche il termine "settentrione", usato per indicare il nord. Rimanendo in tema di etimologia, possiamo ricordare che anche "artico", sinonimo di settentrionale, deriva dal greco "arctos" che significa orsa.

Essendo l’Orsa Maggiore ed in particolare le sue stelle costituenti il Grande Carro facilmente individuabili già dai tempi dell’età neolitica, ad esse, nelle varie culture, si è fatto riferimento in vario modo.
Elenco di seguito alcune curiosità trovate su internet, quindi una mitologia legata alla civiltà Azteca.


-Dubé era il nome dato dai Fenici a questa costellazione e Dubhe fu poi chiamata dagli arabi la sua stella più luminosa
-Fra le prime citazioni riguardanti l’Orsa Maggiore c’è quella contenuta nel Libro di Giobbe della Bibbia dove essa è chiamata Mezarim, e anche Omero (IX sec. a.C.) ne parla nella descrizione dello scudo di Achille
-Per gli Egizi l’Orsa Maggiore rappresentava un ippopotamo chiamato Horus
-per i Celti un cinghiale (trovato anche riprodotto sul dorso delle loro monete)
-le sette stelle che costituiscono il "carro" erano per i Babilonesi "il carro lungo"
-in molte popolazioni euro-asiatiche era l'aratro[/list]
-per gli Egizi il dio Seth[/list]
-per gli Arabi oltre che a un'orsa esse rappresentano un feretro seguito dalle prefiche (o piagnoni), infatti, gli arabi avevano chiamato le quattro stelle, che formano il quadrilatero, "la Bara", mentre le tre stelle della coda erano i tre piangenti che seguivano il feretro[/list]
-per i Galli un cinghiale
-Cicerone le chiama i "Septem Triones" i sette buoi da lavoro del guardiano Boote "il Bovaro" (da cui il termine settentrione per indicare il Nord)
-nell'antica corte cinese erano il Governo (la Stella Polare era l'Imperatore), ma in campagna i contadini le chiamavano Bei Dou, lo Staio, oppure "il Carro Agricolo" (Pé Teou)
-per i Sassoni medioevali "il Carro di Re Artù"
-in Francia le sette stelle diventavano una casseruola, una mannaia del macellaio o una chioccia seguita dai pulcini
-per i Giapponesi "il Cocchio dell’Imperatore"
-nel settecento cristiano divennero la "Barca di Pietro"
-nei paesi di lingua inglese sono il "Mestolo": the Big Dipper
-Dall’Orsa Maggiore derivano i vocaboli "artico" (dal greco Arctos = orso) e "settentrione" (dal latino Septem Triones = sette buoi, che tirano il Gran Carro), utilizzati per indicare il nord
-Piu' tardi le sette arabo-cristiane chiamarono il quadrilatero del carro Naash Laazar, "la Lettiga di Lazzaro", mentre il corteo funebre era formato da Maria, Marta ed Ellemath o Maddalena
-Presso gli arabi del Golfo Persico si raccontava la storia di Al Naash (Naash significa "Lettiga mortuaria") e dei suoi figli. Al Naash era stato assassinato da Al Jadi, la Stella Polare, e i suoi figli, le tre stelle della coda, ogni notte seguivano la lettiga assetati di vendetta. La stella Mizar rappresenta la figlia di Al Naash con in braccio il figlioletto, la stellina Alcor, mentre l'astro Suhail (Canopo) arriva lentamente in loro aiuto dal Sud.


Mitologia nei popoli Aztechi

Ciò che riporterò di seguito è una storia riguardante il dio Tezcatlipoca legata alla mitologia Azteca della creazione del mondo. Infatti, l’Orsa Maggiore era considerato il tronco e l'unica gamba del distruttivo dio Tezcatlipoca, patrono dei maghi, degli stregoni, dei soldati e dei ladri. E’ traducibile come "Cielo Notturno", rappresenta il "Soldato del Nord", è il dio della morte e della malvagità, non invecchia mai, tiene relazioni con tutti gli dei stellari. Avendo perduto l'arto in combattimento, utilizza una protesi per mantenere la stazione eretta. Il dio è costretto, per punizione, avendo tentato di distruggere l'operato di suo fratello, il dio benefico Quetzalcoatl, a danzare ruotando alternativamente.

Presso gli Aztechi esisteva la credenza in una successione di età del mondo, il cui passaggio era segnato da catastrofi e cataclismi; in particolare, credevano che quattro "Soli" o mondi avessero preceduto il mondo attuale.

“Nella costellazione celeste, l’Orsa Maggiore rappresenta Tezcatlipoca, la forma della quale i Messicani ritenevano somigliasse ad un giaguaro. Un giorno egli si trasformò nel primo sole che illuminò il mondo. Gli Dei non erano felici di ciò e crearono una razza di giganti il cui compito era di distruggere Tezcatlipoca. I giganti vivevano come nomadi e né coltivavano il terreno né piantavano. Essi mangiavano ghiande, radici e bacche. Gli esseri umani del tempo vivevano alla stregua di animali, seguendone gli stessi istinti.
Uno degli dei, Quetzalcoatl, era un dio benefico, fondatore dell’agricoltura, dell’industria e delle arti.
Tezcatlipoca era il signore del male e delle stregonerie, dio della notte, onnipotente e multiforme. Quetzalcoatl colpì il suo nemico sotto le acque con un bastone e Tezcatlipoca assunse la forma di un giaguaro. Nella oscurità che seguì il giaguaro divorò tutti i giganti e gli esseri umani.
Questo periodo è noto con il nome di Nahui-Ocelotl (‘quattro-giaguaro’) così come è indicato sui calendari.

Quentzalcoatl, dio del vento, si trasforma nel secondo sole. Questo fu il tempo dell’Aria, degli spiriti e degli esseri invisibili. Egli governò sino a quel giorno in cui Tezcatlipoca, con sembianze di giaguaro non gli si lanciò addosso facendolo crollare a terra. La sua caduta causò un grande uragano che sradicò ogni cosa distruggendo l’umanità. Pochi esseri umani sopravvissero, retrogredendo in scimmie. Questo accadde nel giorno chiamato Nahui-Ehécatl ("quattro-vento").

Il procreatore allora bandì i due contendenti dal cielo e ordinò a Tlaloc, dio della pioggia e della luce stellare, di divenire il terzo sole. Ma Quetzalcoatl provocò una pioggia di fuoco per devastare la terra, asciugandone tutti i fiumi. Tutti coloro che riuscirono a sopravvivere furono trasformati in uccelli. Questo giorno fu detto il giorno Nahui-Quiahuitl ("quattro-pioggia").

Quetzalcoatl allora creò Chalchiutlicue, “ricoperta da giada verde” che divenne il quarto sole. Ma Tezcatlipoca, geloso, provocò un grande diluvio che distrusse il sole e la terra. Coloro che riuscirono a sopravvivere si trasformarono in pesci. Questo giorno fu detto Nahui-Atl ("quattro-acqua").

Le terra, sommersa dalle acque, non poteva riapparire fintanto che gli dei non liberassero il cielo dalle piogge. Ma il sole era stato distrutto e non c’era più luce. Gli dei si riunirono a Teotihuacan per decidere su come far ritornare la luce. Due di loro si offrirono per essere sacrificati: Tecuhciztecatl, dio ricco e potente, e Ranahuantzin, povero e malato. Il primo donò le cose più preziose al padre di tutti gli dei, Onteotl. Il secondo donò muschio e agave imbevuti del proprio sangue.
Per quattro giorni i due dei digiunarono e fecero sacrifici. Il quinto giorno, un braciere era stato ricolmato di carbone, così che i due dei si potessero purificare e potessero illuminare il mondo. Per primo fu il turno del dio ricco che con un balzo si tuffò dentro al fuoco. Ma pur fecendo tre tentativi, ciascuno fu impedito dall’orlo molto stretto del braciere.
Il dio povero chiuse gli occhi e stringendosi saltò in mezzo al fuoco: una grande fiamma esplose in cielo ed il dio povero divenne il sole che oggi illumina il nostro mondo. Questo giorno è indicato sui calendari col nome di Nahui-Ollin ("quattro-movimento").
Il dio ricco, sentendosi umiliato, si scagliò tra i carboni ormai quasi del tutto inceneriti. Da questi nacque allora una luna luminosa.
Gli dei, irritati dall’insolenza della luna, gettarono in essa un coniglio. Ciò spiega la macchia scura sulla luna, che i Messicani chiamano il ‘coniglio della luna’.
Il sole e la luna rappresentano l’equilibrio tra l’energia animale, l’aria, il fuoco e l’acqua.
Ciascuno dei soli precedenti è stato distrutto perché gli uomini non erano in grado di contemplare gli dei, e questo esisterà fintantoché gli uomini seguiranno i precetti della redenzione del calendario Azteco.”

L’Orsa Maggiore è una delle costellazioni che hanno più stimolato l’immaginazione degli uomini favorendo la nascita dei miti.Essa è formata da sette stelle brillanti.L’Orsa Maggioreserve come punto guida per trovare altre costellazioni.Per identificarla basta guardare verso il Nord;il termine settentrione deriva dal latino septem triones (sette buoi). Mitologia greca. La bellissima Callisto era una ninfa della corte di Diana. Giove aveva vista e se ne era innamorato; prendendo le sembianze di Diana l’aveva avvicinata e poi sedotta. Diana quando si accorse che Callisto aspettava un figlio da Giove la scacciò via e lei, errando per boschi, partorì suo figlio Arturo.Giunone infuriata la condannò a essere trasformata in un’orsa. La povera Callisto divenuta orsa non fu più riconosciuta da suo figlio che scappò via e venne allevato da una famiglia di cacciatori. Crescendo divenne un bellissimo giovane, molto abile nel cacciare . Un giorno si preparava a colpire col suo arco una grossa preda quando incontrò lo sguardo della bestia, uno sguardo noto e amato: lo sguardo dell’orsa Callisto. Giove dall’Olimpo vide quegli sguardi che si cercavano, fermò la mano del giovane prima che potesse commettere un matricidio e li portò in cielo.Da allora l’Orsa (maggiore) e Arturo (della costellazione del Bifolco-Bootes) si guardano sempre e ruotano insieme intorno alla Stella Polare. Giunone, ancora più infuriata di vedere Callisto collocata in cielo come costellazione, mise in moto i suoi poteri e la condannò a non potersi mai bagnare nelle acque del mare dell’emisfero boreale. Infatti l’Orsa Maggiore non scende mai sotto l’orizzonte nel nostro emisfero. Mitologia dei popoli Navahos ( indiani degli Athabasca – U.S.A. ) Il Freddo uomo del Nord o primo uomo (Carro Maggiore) e la Prima donna (Cassiopea) si trovano l’uno di fronte all’altro con al centro il Fuoco del focolare ( la Stella Polare). Essi mai si allontanano da questa parte del cielo e nessuna costellazione si avvicina per interferire nella loro vita quotidiana. Questa sistemazione delle costellazioni stabilisce una legge che dura fino ai giorni nostri: ”Solo una coppia può vivere nella stessa tenda”.
Mitologia dei popoli Irochesi ( indiani del Nord America) Segui il movimento delle sette stelle del Carro Maggiore: le quattro del Carro rappresentano un grande orso , le altre tre (il timone) sono tre coraggiosi cacciatori che lo seguono sulle montagne.Il più vicino all’orso è l’arciere, il secondo trasporta sulle spalle una pentola (la stella Mizar con la compagna Alcor), il terzo sta più indietro per raccogliere la legna per il fuoco.In primavera, nella prima sera si vedono verso Est i tre cacciatori inseguire l’orso su per la montagna. Nei caldi giorni d’estate la caccia prosegue in cima alla montagna dove fa più fresco e le sette stelle sono alte nel cielo. Alla fine dell’estate i tre cacciatori si appostano alla base della montagna, l’arciere prende la mira e ferisce l’orso; il suo sangue cola e finisce sulle foglie degli alberi tingendole di rosso: arriva l’autunno. Tutti si rifugiano nelle caverne per passarvi il freddo inverno e le sette stelle sono basse sull’orizzonte. Finisce l’inverno e arriva la primavera, la ferita dell’orso si è rimarginata e i tre cacciatori hanno superato lo scorno di aver soltanto ferito l’orso. Ripartono per la caccia e riprendono a inseguire l’orso.

I miti dell’Orsa Maggiore


Le sette stelle dell'Orsa Maggiore sono state associate col carro di vari eroi leggendari e divinità.
Per i Gallesi si tratta del carro di Re Artù, mentre le popolazioni germaniche lo attribuiscono al dio Thor e i Vichinghi ne fanno il carro di Odino. Per gli Americani odierni si tratta di un grosso mestolo e per gli Inglesi di un aratro. Nel passato molte culture hanno riconosciuto un orso in questo gruppo di stelle: Greci, Arabi e Indiani d’America. In tutte le rappresentazioni, l'orsa ha una lunga coda che nessuna razza possiede.

Gli Egizi vedevano in quest’asterismo un ippopotamo chiamato Horus, o l'imbarcazione che portava il dio Osiride sul Nilo, o il dio Seth.

Nella mitologia greca, l'Orsa s’identifica con due personaggi diversi: Callisto, un'amante di Zeus e Adrastea una delle ninfe che allevò Zeus neonato. A complicare le cose, ciascuna delle due storie ha parecchie versioni, in modo particolare quella che riguarda Callisto. Callisto è comunemente ritenuta la figlia di Licaone, Re di Arcadia nel Peloponneso centrale; una versione alternativa dice che non è la figlia di Licaone ma di suo figlio Ceteo. Sempre secondo questa versione Ceteo s’identifica con la costellazione di Ercole che appare inginocchiato, con le mani tese verso il cielo, nell'atto di supplicare gli déi dopo la trasformazione di sua figlia in orsa; Callisto faceva parte della scorta di Artemide, dea della caccia. Indossava abiti uguali a quelli della dea, come lei teneva i capelli legati con un nastro bianco e la tunica chiusa da una spilla; divenne presto la compagna preferita della dea, cui fece voto di castità. Un pomeriggio, mentre se ne stava sdraiata sul suo arco a riposare in un ombroso boschetto, la scorse Zeus che rimase incantato. Astutamente Zeus assunse l'aspetto di Artemide e si avvicinò a Callisto che non si aspettava l'arrivo della dea e le diede un affettuoso benvenuto. Zeus le si sdraiò accanto e l'abbracciò. Prima che la ragazza, allarmata, potesse reagire, il dio le manifestò la sua vera identità e, nonostante Callisto gli si opponesse con tutte le sue forze, la fece sua. Poi se ne tornò sull'Olimpo, lasciando la fanciulla piena di vergogna e incapace di affrontare Artemide e le altre ninfe. In un afoso pomeriggio di qualche mese dopo, il gruppo di cacciatrici arrivò nei pressi di un fiume dalle fresche acque e decise di fare il bagno. Artemide si spogliò e precedette le altre, ma Callisto se ne restò indietro. Sollecitata a spogliarsi lo fece con riluttanza, rivelando così il suo avanzato stato di gravidanza. Scandalizzata, Artemide la bandì per sempre dalla sua vista. Le cose andarono ancora peggio quando Callisto diede alla luce il figlio Arcas. Era, la moglie di Zeus, non aveva perso tempo ad accorgersi dell'infedeltà del marito ed era decisa a vendicarsi sulla sua rivale. Coprendola d'insulti, l'afferrò per i capelli e la gettò per terra. Mentre Callisto giaceva al suolo a braccia e gambe divaricate, gli arti le si cominciarono a coprire di peli neri, le mani e i piedi si tramutarono in artigli e la bella bocca che Zeus aveva baciato si mutò in fauci spalancate dalle quali uscivano grugniti. Per quindici anni Callisto vagò per i boschi sotto le spoglie di orsa, ma la sua mente era rimasta umana. Era stata una cacciatrice e adesso era cacciata. Un giorno si trovò faccia a faccia con suo figlio Arcas. Lei lo riconobbe e cercò di avvicinarglisi, ma lui indietreggiò terrorizzato. L'avrebbe trafitta con una lancia, non sapendo che in realtà quella era sua madre, se Zeus non fosse intervenuto mandando una tromba d'aria che li trasportò entrambi in cielo, dove il dio tramutò Callisto nella costellazione dell'Orsa Maggiore e Arcas in quella di Boote. Era si arrabbiò ancora di più quando scoprì che la sua rivale era stata innalzata alla gloria del cielo; si consultò quindi con i suoi genitori adottivi Teti e Oceano, dèi del mare, e li persuase a non permettere mai all'orsa di bagnarsi nelle acque dell'emisfero boreale. Infatti, come si vede dalle latitudini medio settentrionali, l'orsa non scende mai sotto l'orizzonte. Grazie all'importanza di Ovidio come narratore questa è la versione più nota del mito dell'Orsa Maggiore, ma ce ne sono altre, alcune più antiche di quella di Ovidio. Eratostene, per esempio, dice che Callisto fu tramutata in orsa non da Era ma da Artemide come punizione per essere venuta meno al voto di castità. Più tardi, l'orsa Callisto e suo figlio Arcas furono catturati nei boschi da pastori che li portarono in dono al Re Licaone. Callisto e Arcas cercarono riparo nel tempio di Zeus, non sapendo che l'ingresso era vietato dalla legge dell'Arcadia e che per i trasgressori era prevista la pena di morte (però un'altra variante dice che Arcas inseguì l'orsa fino dentro il tempio nel tentativo di cacciarla). Per salvarli Zeus li afferrò e li sistemò in cielo. Il mitografo greco Apollodoro dice che Callisto fu tramutata in orsa da Zeus per non farla riconoscere da sua moglie Era. Ma Era capì lo stratagemma e indicò l'orsa ad Artemide che l' uccise, pensando che fosse un animale selvaggio. Addolorato Zeus mise in cielo l'immagine dell'orsa. Arato identifica l'Orsa Maggiore in modo completamente diverso. Dice che essa rappresenta una delle ninfe che allevarono Zeus nella grotta del monte Ditte a Creta. La grotta, per inciso, esiste veramente e la gente del luogo ancora oggi indica orgogliosa il luogo di nascita di Zeus. Rea sua madre, aveva fatto arrivare di nascosto Zeus a Creta per sottrarlo a Crono, suo padre. Crono aveva ingoiato tutti i figli appena nati per paura che un giorno potessero rubargli il trono; cosa che alla fine Zeus fece.
Per Apollodoro le nutrici di Zeus furono Adrastea e Ida, queste ninfe si presero cura di Zeus per un anno, mentre guerrieri cretesi chiamati Cureti facevano la guardia alla grotta, battendo le lance contro gli scudi per impedire a Crono di udire il pianto del bambino. Adrastea depose il neonato Zeus in una culla d'oro e fece per lui una palla dorata che lasciava una scia infuocata come quella di una meteora ogni volta che veniva lanciata in aria. Zeus bevve il latte della capra Amaltea insieme a Pan, suo fratello di latte. In seguito pose Amaltea in cielo come la stella Capella, mentre Adrastea divenne l'Orsa Maggiore sebbene non si spieghi perché Zeus l'abbia tramutata in orsa.

I Latini chiamavano il gruppo dell'Orsa Maggiore septem – triones, cioè i sette buoi aratori, perchè il ruotare di queste stelle intorno al polo aveva suggerito l'immagine dei buoi che arano un campo girando in tondo. Da come gli antichi romani chiamavano queste stelle, è scaturita la parola “settentrione”, per indicare il nord. Tra l'altro, la parola "artico", sinonimo di settentrione, deriva da “orsa”, tramite il greco arctos. In cielo appare come una grande orsa di cui la parte posteriore somiglia ad un carro (il Grande Carro, per distinguerlo dal Piccolo Carro dell'Orsa Minore) o una padella o, come la immaginavano gli Arabi, una bara o ancora, come la immaginava Germanico Cesare, un aratro.

I Cinesi, fin dai tempi più antichi, vedevano nel grande carro sia “il Carro Agricolo” (Pé Teou), sia il mezzo funebre che doveva portare l'anima dell'imperatore in cielo dopo la morte. Inoltre per questi le sette stelle più luminose rappresentavano i sette Reggitori astronomici – che presiedevano agli influssi astronomici – i sette Ingressi del cielo notturno e le sette Porte del cuore.

Presso gli Arabi del Golfo Persico si raccontava la storia di Al Naash (Naash significa lettiga mortuaria) e dei suoi figli. Al Naash era stato assassinato da Al Jadi, la Stella Polare, e i suoi figli, le tre stelle della coda, ogni notte seguivano la lettiga assetati di vendetta. La stella Mizar rappresenta la figlia di Al Naash con in braccio il figlioletto, la stellina Alcor, mentre l'astro Suhail (Canopo) arriva lentamente in loro aiuto dal sud. Più tardi le sette arabo-cristiane chiamarono il quadrato del carro Naash Laazar, “la lettiga di Lazzaro”, mentre il corteo funebre era formato da Maria, Marta ed Ellemath o, in un'altra versione, Maddalena.

Un mito comune agli indiani algonchini e agli irochesi, che abitavano il nord-est degli attuali Stati Uniti ed il sud-est dell'attuale Canada, riguarda la storia di un'orsa, rappresentata dalle quattro stelle del quadrato del Carro, inseguita da sette cacciatori celesti. Nella tarda primavera l'Orsa si risveglia dal letargo ed esce dalla tana, raffigurata dal gruppo di stelle della Corona Boreale. Appena discende dalla collina in cerca di cibo, un cacciatore, Chickadee, la vede ma essendo troppo piccolo per cacciarla da solo, chiama altri cacciatori in aiuto. Chickadee è Mizar ed è detto così perché la tale stella è più piccola delle altre ed il Chickadee è un piccolo uccello americano. Vicinissima a Mizar c'è Alcor che simboleggia la pentola nella quale sarà cucinata la carne. I cacciatori sono affamati ed inseguono per tutta l'estate la preda lungo l'orizzonte settentrionale. In autunno uno dopo l'altro i cacciatori cominciano a perderne le tracce. Il primo a ritirarsi è Gufo, il più grosso e dal volo meno aperto, rappresentato dalla stella Arturo α (alfa) Bootis. Quindi è la volta di Ghiandaia blu, Mufrid, η (eta) Bootis per via dei suoi riflessi blu. Poi Saw-whet, un uccellino con la testa ornata da penne rosse è Izar, ε (epsilon) Bootis, per la sua tinta rossastra, infine Piccione, Haris, γ (gamma) Bootis. Così rimangono solo Chickadee, Pettirosso (Alioth), detto così perché questa stella avrebbe un riflesso rosso, e Uccello-Alce (Benetnasch). Queste sparizioni dalla caccia riflettono il fatto che da ottobre in poi queste stelle non sono più visibili. È solo a metà autunno che i cacciatori rimasti riescono, finalmente, a catturare la preda. L'Orsa, attaccata, si alza sulle gambe posteriori e si appresta a difendersi, ma Pettirosso la colpisce con una freccia e la fa cadere all'indietro sulla schiena (posizione che assumono le stelle dell'Orsa d'inverno, quando sono sottosopra rispetto alla Stella Polare). Pettirosso nella fretta si avvicina alla preda e viene completamente coperto di sangue, allora vola svelto nel cielo sopra un bosco di aceri e cerca di scrollarsi di dosso il sangue finché non ci riesce, eccetto che per una piccola macchia sul petto. Il sangue che Pettirosso si scrolla si sparge nell'aria e scende sulle foreste della Terra: ecco perché gli alberi si tingono di rosso in autunno. Chickadee raggiunge la preda e con Pettirosso tagliano l'Orsa, accendono un fuoco e cuociono la carne nella pentola. Finalmente arriva Uccello-Alce, che arriva al momento giusto per dividere la carne cotta a puntino. Per questo motivo è soprannominato “Colui che arriva all'ultimo momento”. Su nel cielo, durante l'inverno, lo scheletro dell'orsa giace sulla schiena, ma il suo spirito è entrato in un'altra Orsa che è invisibile dentro la Tana e sta dormendo il lungo sonno invernale. Quando la primavera tornerà, il ciclo riprenderà.

I Sumeri chiamavano le sette stelle dell’Orsa “il lungo carro”, nella Grecia arcaica erano associate alla “Ruota di Issione”, che simboleggiava il movimento circolare della costellazione intorno al polo, mito che sembra provenire dal dio sanscrito Ashivan, il cui nome significa Auriga dall'Asse; asse, Axsha, era la parola sanscrita per carro, che i greci importarono come Ixion o Issone.

Oltre al fatto che per i Celti l’Orsa Maggiore rappresentava un cinghiale (trovato anche riprodotto sul dorso delle loro monete), un'antica leggenda celtica sulla Tavola Rotonda di re Artù (o Arturo) associava il re al Grande Carro e all'Orsa. Il nome Arturo deriva dal gallese Arth = Orso e Uthyr = Luminoso. La costellazione, descrivendo visibilmente un cerchio nella regione polare del cielo, potrebbe rappresentare la vera origine della famosa Tavola Rotonda del figlio di Pendragon.
Per questo, ancora nel secolo scorso in Galles, in Cornovaglia e in Inghilterra l'asterismo è stato chiamato Arthur's Wain, il carro di Arturo.

Continuando con l'immagine del carro, in Mesopotamia era MAR. GID. DA, il carro, in Irlanda era conosciuto con il nome di King David's Chariot, il Carro di re Davide, uno degli antichi re dell'isola, oppure in altri parti dell'Europa era il Carro di Carlo, in onore di Carlo Magno, il primo imperatore del Sacro Romano Impero che regnò dall'800 al 814.

La lista dei titoli assegnati alle sette stelle sarebbe molto lunga: in molte popolazioni euro-asiatiche era l'aratro, in Francia divennero una casseruola, una mannaia del macellaio o una chioccia seguita dai pulcini; nell'antica corte cinese erano il Governo (la Stella Polare era l'Imperatore), ma in campagna i contadini le chiamavano Pih Tow, lo Staio, e poeti e mistici Ten Li, la Ragione Celeste; nel settecento cristiano divennero la Barca di Pietro; nei paesi di lingua inglese sono il Mestolo, the Big Dipper.

Il mito dei popoli Navahos ( indiani degli Athabasca – U.S.A. ) narra: «Il Freddo uomo del Nord o primo uomo (Carro Maggiore) e la Prima donna (Cassiopea) si trovano l’uno di fronte all’altro con al centro il Fuoco del focolare ( la Stella Polare). Essi mai si allontanano da questa parte del cielo e nessuna costellazione si avvicina per interferire nella loro vita quotidiana. Questa sistemazione delle costellazioni stabilisce una legge che dura fino ai giorni nostri: “Solo una coppia può vivere nella stessa tenda” ».

Il mito dei popoli Irochesi ( indiani del Nord America) narra: «Segui il movimento delle sette stelle del Carro Maggiore: le quattro del Carro rappresentano un grande orso , le altre tre (il timone) sono tre coraggiosi cacciatori che lo seguono sulle montagne. Il più vicino all’orso è l’arciere, il secondo trasporta sulle spalle una pentola (la stella Mizar con la compagna Alcor), il terzo sta più indietro per raccogliere la legna per il fuoco. In primavera, nella prima sera si vedono verso Est i tre cacciatori inseguire l’orso su per la montagna. Nei caldi giorni d’estate la caccia prosegue in cima alla montagna dove fa più fresco e le sette stelle sono alte nel cielo. Alla fine dell’estate i tre cacciatori si appostano alla base della montagna, l’arciere prende la mira e ferisce l’orso; il suo sangue cola e finisce sulle foglie degli alberi tingendole di rosso: arriva l’autunno. Tutti si rifugiano nelle caverne per passarvi il freddo inverno e le sette stelle sono basse sull’orizzonte. Finisce l’inverno e arriva la primavera, la ferita dell’orso si è rimarginata e i tre cacciatori hanno superato lo scorno di aver soltanto ferito l’orso. Ripartono per la caccia e riprendono a inseguire l’orso».

Per gli Aztechi, alla costellazione dell’Orsa Maggiore corrisponde il dio Tezcaltlipioca, divinità che simboleggia il cielo notturno, protettore dei guerrieri ma anche degli schiavi, al quale un mostro celeste ha divorato un piede. Infatti, mentre alle nostre latitudini l’Orsa Maggiore non tramonta mai, vista dagli altipiani del Messico la costellazione, ruotando intorno alla stella polare, perde l’ultima stella che scompare dietro l’orizzonte.

L’Orsa Maggiore era già conosciuta dall’uomo dell’età neolitica, poiché se ne sono trovati disegni su conchiglie e ricci marini fossili. I Fenici chiamavano Dubé questa costellazione, e Dubhe fu poi chiamata dagli Arabi la sua stella più luminosa. Fra le prime citazioni riguardanti l’Orsa Maggiore c’è quella contenuta nel Libro di Giobbe della Bibbia (circa XV sec. a.C.) dove essa è chiamata Mezarim, e anche Omero (IX sec. a.C.) ne parla nella descrizione dello scudo di Achille.

Mentre le sette stelle che costituiscono il "carro" erano per i Babilonesi "il carro lungo", per i Sassoni medioevali "il Carro di Re Artù", per i Giapponesi "il Cocchio dell’Imperatore".



 
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Vaxarrelt
view post Posted on 28/12/2016, 04:18




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